lunedì 8 dicembre 2008

Claudia Ruggeri


Le poesie di Claudia Ruggeri hanno una forza che non deve nulla alla sua biografia, se non per ragioni di contingenza. Utile comunque il commento di Alessandro Canzian, lasciato su LiberInVersi circa un anno fa, quando pubblicammo la poetessa leccese: «il "Neobarocco" che Claudia va creando ed esaurendo in se stessa ha giustificazione e grandezza solo se inserito» nell'evidenza che «il Salento è una terra che è ancora barocca». [...] «Nel Salento, e sto pensando ad esempio alla scrittura di Michelangelo Zizzi (amico di Claudia Ruggeri), si sta ancora scrivendo con questa tendenza all'epica incompiuta, alla forza gridata e querelata che in qualche modo si piega su se stessa».
Legato all'analisi testuale, invece, il commento di Mario Bertasa, sempre nel medesimo post: «L’operazione di Claudia Ruggeri mi pare sia quella di affondare le mani nell’argilla linguistica e allegorizzante del Sommo per reimpastarla in modo sconvolgente, riplasmarla, facendo precipitare pezzi di paradiso e purgatorio nella strozza di un inferno che così perde l’evidenza del suo registro “basso"» [...] «Rime infernali ma non aspre, non chiocce nella loro sonorità, quelle della Ruggeri – la misura con cui si addensano le allegorie è il segno dello sgomento, un inferno non plastico, non terrigno, in cui un corpo, dantescamente parlando, non può abitare né transitare per uscirne»
Dal canto suo Mario Desiati, nella prefazione a Inferno minore (peQuod 2006), riprendendo uno stilema di Giulio Mazzoni, rileva il suo «forte straniamento soggettivo» oltre che «la concentrazione di saperi e stili» e il «medioevalismo».
Consiglio i lettori di tenere a mente queste indicazioni, tutte pertinenti, tutte a far parola intorno alla scrittura, là dove, forse, vorrebbero nel contempo svelare qualcosa che riguardi non tanto la biografia, bensì la sua interruzione, quello scarto dal solco abitudinario, che continuamente ci interroga, ci chiama, ci spinge altrove.



Corrotto barocco

dentro la torre che tutto nasconde
alla valanga che tutto ricopre
nella caduta che fissa per sempre;
la calce intatta e il giro saldo
in alto t'avrei lavato i piedi
oppure mi sarei fatta altissima
come i soffitti scavalcati di cieli
come voce in voce si sconquassa
tornando folle ed organando a schiere
come si leva assalto e candore
demente alla colonna che porta
la corolla e la maledizione di gabrieleamore
che porta un canto
ed un girare intorno
cinque volte
ed essere a corona ma lontana
allo zaffiro che inzaffira fermo (o pare
quieto e intanto segue e adora - altra
altitudine altra sosta- lo zaffiro
che entra e fa divino ed una luce forsennata
e intesa tutta cima nuda ed in eterno perché lui la
tocchi sposti il perpetuo martirio di letizia
lui che la precede (io
t'avrei offerto cornici che indorano radici poi
che mossa un'impronta si smodi ad otto tentacoli poi
che ne escano le torture
se sonno e danza non li disfanno


Il Matto II (Morte in allegoria)
Ninive

Tu ti dai pena per quella pianta di ricino (…) che in una notte è cresciuta e in una notte è perita: ed io non dovrei avere pietà di Ninive quella grande città…” Giona 4,10

ormai la carta si fa tutta parlare,
ora che è senza meta e pare un caso
la sacca così premuta e fra i colori
così per forza dèsta, bianca; bianca
da respirare profondo in tanta fissazione
di contorni ò spensierato ò grande
inaugurato, amo la festa che porti lontano
amo la tua continua consegna mondana amo
l’idem perduto, la tua destinazione
umana; amo le tue cadute
ben che siano finte, passeggere

e fino che tu saprai dentro i castelli, i giardini
fiorire, altro splendore sai, altra memoria,
altro si splende si strega, si ride, si tira
la tenda e libero si mescola alle carte; ma
i giardini si nascondono con precisione
dove cerchi la larva del tuo femminino e l’arresto
l’appartenenza inevitabile
all’Immagine all’inevitabile distensione
delle terre trascorse delle altre ancora
da nominare chiamarle una poli l’altra tutte
le terre perfette alla mente afferrata
di nomi che smodano scadono che portano
alla memoria o la stravagano.

(crescono ricini presso ninive
ecco, vedi, come sviene)



Il Matto capovolto
Palestina

" Y no echeré de meno ni de mas no l'impurtamcia si la circumstancia" (Pablo Neruda)


questa che ora interroga, t'arrovescia
l'inizio; t'avviva a questo Inverso
cui un dio non corrispose; tu sei
l'oggetto in ritardo, l'infanzia persa
su tutte le piste, l'incrocio rinviato; sei l'amnistia
dell'idioma viaggiato; ma salve, la primavera
ti rassegna, di vòlta in vòlta carta
sveste percòte per cose fitte fitte
afflitte da memorie; t'installa nella voce
con un esercito a mille aste, e così
fortemente tu chiami e così ti legava
il tuo passo recente; dimmi se di uno Stagno
snidi l'Imperfezione, oppure le maiuscole
rimangono incredibili: sono le 'nulle'
degli alfabeti in cifre, il segno
che non scatta, un ariele distratto...
oppure sul tuo capo la Torre
capovolge; e con un salto dal basso
ti drizza: ma sei in un balzo (ma appena)
o nella capriola che prima t'agganciò
di passi; o c'è chi ti da un Regno - una parola
d'Ordine almeno - insomma un esito una ribalta, come
si dice, un tuffo; e forse una Città
dove rivolge l'ennesimo esodo
dove su apre per dita bendate per gli esuli
grandi, o per la fase nuova del terreno

(leviamole la femmina, diamo l'idiota a questa lesione.
oppure 'cosa' resta vecchia l'insensazione)


Tragedie, sogni e misteri II

"Voi non potreste mai smarrirvi..."
(La città morta, Gabriele D'Annunzio)

(dimenami con ordine la sillaba

(prestami la parola che si addica: aulika; che sia forte o poeta
che ti copio come capita ora che il mio racconto è andato a male
come credo che succeda a un certo punto che sfugga la pagina
esatta il rigo la parola giusta da riscrivere in cima al verso
o da rimare con quella appresso; per imparare a scrivere a mac­-
china una buona volta con due dita e spaginare così a caso
dannun-
zio tragico per rubargli il rigo esatto la parola così
per massacrarla con due dita una buona volta IMPARARE.




Lamento della sposa barocca (octapus)


T'avrei lavato i piedi
oppure mi sarei fatta altissima
come i soffitti scavalcati di cieli
come voce in voce si sconquassato
rnando folle ed organando a schiere
come si leva assalto e candore demente
alla colonna che porta la corolla e la maledizione
di Gabriele, che porta un canto ed un profilo
che cade, se scattano vele in mille luoghi
- sentite ruvide come cadono -; anche solo
un Luglio, un insetto che infesta la sala,
solo un assetto, un raduno di teste
e di cosce (la manovra, si sa, della balera),
e la sorte di sapere che creatura
va a mollare che nuca che capelli
va a impigliare, la sorte di ricevere; amore
ti avrei dato la sorte di sorreggere,
perché alla scadenza delle venti
due danze avrei adorato trenta
tre fuochi, perché esiste una Veste
di Pace se su questi soffitti si segna
il decoro invidiato: poi che mossa un'impronta si smodi
ad otto tentacoli poi che ne escano le torture.


La pena dell'attore

“se il chiarore è una tregua, la tua cara minaccia la consuma”(Eugenio Montale)

è qui che incontro l’ultimo Cattivo, il residuo
rosicchio di semenza, l’antenato Attore; dal precipizio
accanto, il suo spettatore lo trattiene
a un fronte candidissimo; dal vano
che cava e spaventa in tanta mediterranea
Evidenza; da dentro questo volo che caverna rotondo,
maniaco; dal ventre, che scaraventa;
che mostro Balena l’accolga, l’incaglia;
gli dia un esilio vero, un lungo errore


Preghiera dell'Attore

"Nulla finisce o tutto, se tu folgore lasci la nube." (Eugenio Montale)

anima che risiede, che sotto 1 gran sabbione
alleva la deessa, Macchia pulcherrima, tenera
ancora sia pure dentro a un logoro in un ingorgo
ultimo adunami gli idioti del viaggiare falsa
che sia situami in una febbre inonda tempesta
il fogliame o cedilo a un fuochista ad un'infanzia
mondana a chi se distragga travesti
la caduta sbattila in una vista che
su di me tradisca suvvia esilii



Claudia Ruggeri nasce a Napoli nel 1967 e muore suicida a Lecce nel 1996.

Bibliografia essenziale
Inferno Minore (L’incantiere, rivista universitaria, Lecce 1996)
Inferno Minore (peQuod ed, Ancona 2007)

15 commenti:

  1. Non so se sia un male che viene dalle parole, da un autore che si è dato la morte con le sue mani, dalle maiuscole le cacofonie o da che no so proprio, appunto. Ma un fatto è certo. Qui c'è un male di cui non si vuol parlare. C'è, forse, molto slenzio da dire. C'è anche grande fastidio. E dato che mi piacciono le cose problematiche e difficili, prenderle per il bavero e affrontarle, lascio un commento. Un saluto a un poeta immerso nella difficoltà. Un dolore che saluto e nel quale mi specchio, almeno un po'. luisa pianzola.

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    1. mario iaquinta poeta29/11/13 19:45

      ma il male è in noi, in tutti,

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  2. s', senz'altro c'è un dolore forte, ma la grandezza sta nel modo in cui questo s'è mescolato alla carne delle parole: le irradia senza oscurarle.

    ciao!
    gugl

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  3. Di questa voce mi colpì la compresenza di molte lingue, come tante parti invase- e ognuna col suo accento smisurato - e l'ostinazione illimitata a farsene sommergere. Credo sia una scrittura molto composta e complessa, da rinvenire in una dimensione scenica.
    Ottima scelta l'averla proposta.
    Erminia D.

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  4. essere abitati dalle voci, lasciarsi attraversare: è l'operazione del poeta. Nel caso della Ruggeri, si trattava di un frastuono da girone infernale, che le teneva a bada con lo stile.

    gugl

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  5. mi piace moltissimo, ricordo bene il lamento della sposa barocca (la sposa occidentale di panella fu scritto prima o dopo? di panella non si potrebbe parlare?) era (è ancora) una forza.
    (crescono ricini presso ninive
    ecco, vedi, come sviene)
    di questo che ne dite? io lo trovo speciale ninive-sviene-vedi. ciao antonella

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  6. parlare di panella? certo che sì, ma non ho i testi (se non qualche canzone di battisti).

    bello sì il lavoro fonetico e intenso il richiamo biblico.

    gugl

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  7. Tutte le volte che leggo la Ruggeri mi riesce difficile dire, commentare... Le sue sono parole che vanno solamente abbracciate.
    Grazie Stefano per averla postata...
    Un abbraccio

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  8. in effetti, quando la poesia c'è davvero, nessun corollario pare sufficiente, adeguato.

    un abbraccio a te!
    gugl

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  9. Assolutamente affascinata dalla Ruggeri
    nel suo farsi voce invasa.
    un grande post per un grande poeta donna

    e un grazie per questo ottimo blog che seguo da un po' in (religioso) silenzio.

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  10. ciao Margherita. Sei l'amica siciliana?

    gugl

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  11. oh no! mi spiace.
    però ti seguo con entusiasmo (pudico)
    ciao.

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  12. avre igiurato che fossi tu (prova a leggere il commento nel post successivo. la mia amica siciliana, infatti, è neuropsichiatra infantile e il vers oche cita mi sembra cada a pennello!

    gugl

    e allora: chi sei? (lo chiedo senza pretese, eh)

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  13. no, no non sono io. lavoro in matematica (bassa manovalanza eh!)
    però sono appassionata di poesia.
    grazie perciò dei tuoi post
    li ho letti quasi tutti. mi mancano alcuni mesi, ma ci arrivo.
    diversi autori li conosco, altri mi hai dato lo spunto.quindi grazie-
    ciao.

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  14. benvenuta, allora!

    gugl

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