venerdì 12 dicembre 2008

Christine Koschel


Presento alcune poesie di Christine Koschel, tradotte da Cristina Campo a cavallo degli anni Sessanta e Settanta, non incluse nell'edizione adelphiana della Campo, bensì curate da Amedeo Anelli per Le Lettere in un esile ma intenso libro dal titolo L'urgenza della luce, che contiene anche traduzioni di Elémire Zolla. Poetessa perfettamente in sintonia con la religiosità ontologica della Campo, Christine Koschel è la punta felice di un albero radicato in Hölderlin e Celan, ossia in quella tradizione che riconosce allo stile la forza di coniugare bellezza e pensiero, nella consapevolezza di vivere in un tempo della povertà, in cui il canto non può che nascere asciutto, vigile, prudente. La Koschel, per ragioni generazionali e sulla scorta degli studi francofortesi, fa i conti anche con l'evenienza della società massificata-massificante, piovra che lapida il sublime e l'antisublime, in nome del kitsh e dell'infondatezza consumistica. A questa inciviltà senza teleologia, miseramente ribadita dalla nostra classe dirigente (al di là della contingenza critica attuale), ella contrappone l'ebbrezza di chi sa guardare l'essenziale da un confine in movimento, imprendibile eppure necessario, per riportare in "piazza" la giusta misura delle cose, il loro essere mondo che si offre autenticamente alla finitezza dell'esserci.


1

L'abbozzo regale del mondo
emerge
dal grembo dei suicidi:
dal grande occhio affamato
di coloro
che in veste di fuoco descrivono
correndo una piazza.



3

Il poeta quale fondatore:
cozza con la fronte
i cervelli scorrendo di lobo in lobo -
uomo di spada che vaga mendicando -
che la mandria da voti non può permettersi.



4

'Urgenza della luce'

A chi rimbomba il tamburo del teschio
tra rovinii di parole
- quale di esse può risorgere
per afferrare un sorso di respiro
per dondolarsi nella cuna della bocca
per ferrigna recarsi
nell'arengo della parola? -
colui sfida di colpo l'incendio,

Dolore della luce
che lo costringe al verso oscuro -
crisi di astenia
della lingua, lo dicono.



5

È esposto
su una fetta di pane
il poeta morto.

Nei dislivelli dell'analisi
spasimano i versi:
su quale fuoco di esperienza
puntiamo noi l'occhio spirituale -
o siamo forse tesi

sopra la croce della fuga?

Sta il suo lettino
nella biblioteca reale -
all'inquilina di una sola stanza
trincea del sonno.
Ma l'opera s'inforna
nel colombario, l'archivio:
sepolcro della parola
che respira ancora!

Chi, goloso di fatti,
ha fame di metafore?




QUESTO AUTUNNO È ALLA FINE

Questo autunno è alla fine. Come un fuoco
ricco d'animali e chiaro -
un fuoco metafisico, un'infinità purificata -
ma limitato da ombre. Apriamo le ombre, apriamo
i morti. Entriamo nello splendore di vorace febbre
nella febbre delle stelle, in un tempo di passione
della profonda vigilanza.



Christine Koschel è nata nel 1936 a Breslavia in Slesia. Nel 1965 lascia la Germania e si stabilisce a Roma, dove vive tuttora e dove allaccia uno stretto legame di amicizia e colla­borazione con Cristina Campo e Ingeborg Bachmann, della quale curò, alla fine degli anni settanta, per Piper Verlag (Monaco di Baviera), l'intera Opera

4 commenti:

  1. ciao bellissima! Che bel vento ci attraversa!

    gugl

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  2. a volte basta un verso
    qui di versi, ma uno secondo me


    "i cervelli scorrendo di lobo in lobo"

    Ciao,

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  3. allora sei proprio tu :-)

    un caro saluto!

    gugl

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