lunedì 23 giugno 2008

Furia legge Bonacini


Ospito con piacere una recensione di Marco Furia - dal titolo Vivide allusioni - ad alcune poesie di Giorgio Bonacini.

«Con gli intensi versi, tratti dalla raccolta L’ infanzia dei nomi, pubblicati sul numero 76 di “Anterem” (giugno 2008), Giorgio Bonacini compie un’operazione che soltanto la poesia può condurre a felice termine: alludere a un mondo consentendo in esso opportunità di vita.
L’allusione, più o meno velata, non è per nulla estranea ai quotidiani usi linguistici e, di solito, risulta inseparabile da certi lineamenti del volto (ad esempio un lieve sorriso): si ricorre a essa per dire in maniera incompiuta, per suggerire.
L’allusione, insomma, si rivolge a un impreciso oltre.
Ben diverso il caso del linguaggio poetico di Bonacini: lungi dal tendere a sospensioni evocative, qui si tratta, al contrario, di entrare, decisi, in un cosmo la cui vaghezza, se accettata con sapienza, costituisce l’unica possibilità di percorso.
Occorre, senza dubbio, un’ “inusuale” “generosità”, nonché una buona dose di fiducia e, perché no, di coraggio, per inoltrarsi in territori privi di qualunque traccia o segnale, nel cui àmbito, cioè, costruire proprie vie non rappresenta semplice mezzo, ma già indagine, esplorazione.
Non esiste alcuna linea guida e il passo appena compiuto non conduce a mete prefissate, a traguardi, bensì crea esso stesso perimetri in continua modifica, confini destinati a scomparire e ricomporsi in modo differente.
Le usuali coordinate perdono valore, ci si muove nella vivida dimensione dell’esistere, nel magma ricco di energia dal quale il linguaggio può sempre rinascere in forme inedite.
Soltanto per via di un’acuta percezione della natura dell’umano idioma si possono porre in essere proposte poetiche consistenti, come quelle in parola, in una naturalezza frutto d’impegnativo riflettere e profondo sentire, ossia, si conceda l’ossimoro, nel vigile abbandono alla sensazione.
Come a dire: sono un poeta e so-saprò (la fiducia è d’obbligo) quali sono i componenti della mia poesia.
Ne derivano esiti sinceri, non artefatti, più nulla essendovi di oscuro attorno a un enigma che, semplicemente presentato nei suoi molteplici aspetti, smette, in virtù di consapevoli accettazioni, di provocare drammatica angoscia.
Con eleganti pronunce, articolate e piane nel contempo, offerte con premuroso garbo, sicuro, mai retorico, del tutto privo di qualsivoglia autocompiacimento, Giorgio approda a una spontaneità scaturente dalla definitiva rinuncia ad angusti schemi: la sua (alta) istanza estetica, così, si fonde con l’ etico invito a condividere un atteggiamento, a fare altrettanto.
Una “buona insensatezza”, anzi ottima, davvero».

...........................Marco Furia




.......................Ti voglio bene
.............................per la tua parola aliena
............................nella mia proposta di sacrificio
............................(R.B.- 12 anni)



*

E dove il tempo degli occhi
finiva, uno spreco inusuale
nella generosità di se stessi
avrebbe attraversato l’incanto
con la velocità delle nostre parole
oramai intrattenibili
prese da un’allucinazione
nel sintagma di un cuore isolato.
E qui si sarebbero forse adagiati
compressi nei loro segreti
avrebbero avuto altri suoni
e pensieri - e movimenti di muscoli
agli occhi, e bocche precise.



*

Così, nella teoria del nome
ritrovato, nel caldo ritrovamento
di un nome, ci saremmo
detti alcune cose senza peso
senza limite di forma e di misura
e in un sorriso avremmo visto
anche l’istinto di un timore
l’apprensione, l’invadenza
di un intuito appena dopo la paura.
Ma nel segno di una buona
insensatezza, avremmo subito pensato
a ciò che dicono si pensi
in questi casi - a ciò che esiste.



*

Se avessimo capito - se solo
avessimo ascoltato i loro soffi
i mormorii, tutti i dolori tra le cose
e quelle cose, anche dormire, anche
restare accartocciati in scricchiolii
avrebbe dato all’attenzione
un senso vivo, un’altra traccia.
Ma in quella stessa oscurità
portare a compimento la scoperta
o farne parte, sarebbe stato
il centro di una vita innaturale
di un resistere con calma a un'aria
comica, a una nebbia più allusiva.



*

E in tutto il loro vivere
vissuti e rivissuti, non sarebbero
cambiati quasi nulla, poco
o niente tra la pioggia, nella sfida.
Mille anni immuni da ogni vento
ogni natura, ogni singola
rugiada mai caduta o destinata
a qualche corpo - niente roccia
a discrepare l’illusione
di concedere alle gocce di cadere
e immaginare i soffi provvidi
ma nudi delle stelle, nell'infanzia
dei ricordi e delle voci.



*

Dovunque sarebbe rimasto
il bagliore, il respiro, il ticchettio
di un nome che avremmo portato
come un nome deserto
un piacere feroce, un nome toccato
e bruciato, cresciuto alla luce
della nostra irruenza.
La sola a trasmettere un cuore
forse non più consapevole
forse alla fine di un' unica
attesa - la stessa che avrebbe
da sola soffiato e lavato, e cauterizzato
la nostra e la loro somma ferita.



*

Ma non avremmo detto nulla
se non fossimo inciampati
se l’aggressione che ha portato
a svaporarli fosse stata
un’emozione indifferente
l’ombra di una scienza
o il vero umore di chi muore
senza ritmo, senza frasi, in sordità.
Allora non avrebbero potuto
riapparire, né svanire o ritornare
in questo luogo come foglie
appese a poco - fortunatamente
inesorabili in quel poco.



*

Ma quel sogno li ha delusi
sradicati, riportati al nostro sguardo
nella forma di un risveglio -
fantasmi senza pena e senza
orrore, per la troppa lucentezza
sillabati da balbuzie, accanimenti
aridità di segretezze
fra sostanze corruttibili e figure
quasi inabili, mancanti.
E in tutta questa solitudine
pensare a una purezza irrimediabile
magrissima, a un vapore di paura
in qualche nuvola e nient’altro



*

Ma neppure questa sorte
li ha assistiti - troppi morti, troppi
corpi rivelati da un evento
a cui nemmeno l’esistenza
o l’eco di quel nome sembra tale.
La sostanza si è perduta
e con lei la leggerezza - ghiaia
e sabbia, polvere e pulviscolo
gettati come esseri non vivi
ma dalla corporatura intatta
con la lucidità di una mente
invadente e ossessiva, negata
al ricordo e umiliata.



Giorgio Bonacini è nato a Correggio (RE) nel 1955, dove vive e lavora.
Ha conseguito la laurea in estetica al DAMS di Bologna, con una tesi su Roland Barthes.
Negli anni Settanta-Ottanta ha fatto parte, con poesie visive, sonore, e performance artistiche, del gruppo "Simposio Differante".
Redattore della rivista 'Anterem' e ha pubblicato testi poetici e critici su varie riviste, tra cui: 'Parol', 'Poesia', 'Capoverso', 'Il Segnale', 'L'immaginazione'.
Presente sulle antologie:
Ante Rem, a cura di Flavio Ermini (con una premessa di Maria Corti), Verona, Anterem Edizioni, 1998;
Verso l'inizio, a cura di Andrea Cortellessa, Flavio Ermini, Gio Ferri (con una premessa di Edoardo Sanguineti), Verona, Anterem Edizioni, 2000;
Trent'anni di Novecento. Libri italiani di poesia e dintorni (1971-2000), a cura di Alberto Bertoni, Bologna, Book, 2005.
Libri di poesia pubblicati:
Non distruggete l'immondizia, Correggio, Edizioni Gabiot, 1976;
Teneri acerbi, con una nota critica di Giuliano Gramigna, Verona, Anterem Edizioni, 1988 (Premio Lorenzo Montano, 2a edizione);
L'edificio deserto, con una nota critica di Niva Lorenzini, Bologna, Edizioni di Parol, 1990;
Sotto la luna (con Giovanni Infelìse), Bologna, Book Editore, 1991;
Il limite, con una nota critica di Lucio Vetri, Bologna, Book Editore, 1993;
Falle farfalle (con disegni di Alberta Pellacani), Verona, Anterem Edizioni, 1998;
Quattro metafore ingenue, Lecce, Manni Editore, 2005.


Marco Furia è nato nel 1952 a Genova, dove si è laureato in giurisprudenza.
Già collaboratore di Adriano Spatola, ha pubblicato:
Effemeride (Tam Tam,1984); Mappaluna (Tam Tam,1985), nota critica di Adriano Spatola; Arrivano i nostri (in Fermenti letterari' Napoli, Oceania Edizioni, 1988); Efelidi (Anterem Edizioni, 1989), nota critica di Stefano Lanuzza; Bouquet (Anterem Edizioni,1992), nota critica di Roberto Bugliani; Minime topografie (Anterem Edizioni, 1997), nota critica di Stefano Strazzabosco; Forma di vita (Anterem Edizioni, 1998), nota critica di Gilberto Finzi; Menzioni (Anterem Edizioni, 2002), nota critica di Stefano Guglielmin; Impressi stili (Anterem Edizioni, 2005), nota critica di Carla De Bellis.
Sue poesie sono apparse su riviste italiane e straniere.
Suoi testi sono raccolti nelle antologie:
Poeti nati dopo il 1950, a cura di Adriano Spatola, in 'Cervo volante', 15/16, 1983;italie ( ), a cura di Adriano Spatola, in 'Doc(k)s', 71; Ante Rem, a cura di Flavio Ermini, Anterem Edizioni, 1998; Verso l'inizio, a cura di Andrea Cortellessa, Flavio Ermini, Gio Ferri, Anterem Edizioni, 2000; Paesaggio mutevole, a cura di Giorgia Cassini, Liberodiscrivere, 2006.
Tiene, sul sito
http://www.anteremedizioni.it/, una rubrica di note critiche che hanno trovato accoglienza anche su svariati periodici.
Ha partecipato a numerose manifestazioni con lettura di propri versi, per alcuni dei quali sono state composte partiture dal musicista Francesco Bellomi.Suoi testi sono stati tradotti in francese, inglese, spagnolo e giapponese.
E' redattore di 'Anterem'

4 commenti:

  1. Uno dei miei poeti preferiti.
    Da almeno venti anni.

    Ciao, Stefano, un caro saluto a te e a Giorgio.

    fm

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  2. ciao Francesco, buona domenica

    gugl

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  3. Grazie Francesco, che mi leggi con piacere da così tanto tempo e per aver ospitato le mie poesie anche sul tuo blog.

    Un saluto e un abbraccio anche a Stefano per tanta amicizia.

    Ciao, Giorgio

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  4. ciao Giorgio. Ci sono stati pochi commenti, ma tanti lettori.

    gugl

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