domenica 11 novembre 2007

Vincenzo Della Mea


Come molti sanno, Vincenzo non è soltanto il gestore del sito più utile della blogsfera poetica, ma è lui stesso un singolare poeta, che coniuga lo stupore verso la vita con il bisogno di tradurre, quest'ultima, in bytes: "Venti megabytes - scrive in nota al suo Algoritmi (Lietocolle 2004) - corrisponderebbero ad una vita di circa 80 anni, in cui ogni giorno fosse descritto da una poesia lunga settecento lettere. Una poesia al giorno: situazione tutto sommato invidiabile, data la ripetitività che permea le nostre vite". Anche Franco Buffoni, nella Prefazione, si meraviglia per questo connubio, avvicinando la sua ricerca a quella di Valerio Magrelli. Chissà se davvero le due poetiche si incontrano da qualche parte o se è soltanto una prossimità di superficie. A me, per esempio, pare che il Magrelli di Ora serrate retinae adotti, da umanista, gli occhi dell'osservatore scientifico, laddove Della Mea, scienziato, assume con una certa sofferenza l'avalutatività del metodo galileiano, e si sforzi di allargarle i margini, quasi a cercarne montalianamente un varco, dal quale far passare la polpa immisurabile del sentimento. Di Montale, s'intende, adotta soltanto questa prospettiva ideologica, rifuggendone la scelta stilistica; Della Mea mette piuttosto in riga i pezzettini sillabici e li incolonna spesso in endecasillabi, per dar loro un'inequivocabile struttura razionale. Poco gli importa, credo, della grande tradizione italiana. Una volta ben allineati, ciò che gli preme, dal di dentro, è mettere in piedi un ragionato regolamento dei sensi (per dirla con un Rimbaud capovolto) e del giudizio, che metta in evidenza la vanità del tutto. L'ironia di Vincenzo, lo salva (e ci salva) da questa orribile scoperta.


Una vita

Nascoste bene dentro il disco rigido
ci stanno sette miliardi di lettere.
Meno di settecento è quant'è lunga
questa poesia, per breve che sia
non più di quel che serve per descrivere
il giorno medio di ozio e iterazione
di un normale funzionario, la cui vita
ariosamente dichiarata arriva
ai venti megabyte. Come dire
niente, ed ancora meno comprimendo
la ridondanza che ci fa uguali
nel ciclo standard dal parto alla morte,
escludendo quel bit che ci distingue
che ci fa valere un nome di file.



Invecchiare

Come un vecchio programma scritto in Fortran
troppo ingombrante per la riscrittura
utile quel che basta per tenerlo
così, con i bachi, i dati persi,
i messaggi d'errore incomprensibili:
ecco il paradiso della pensione.
Non grafica, intelligenza artificiale,
ma la sopravvivenza in sala macchine
il tepore del condizionatore
pochi utenti fedeli via seriale.



Gli infiniti

L'infinito si crea in equazioni
anche più corte di un endecasillabo
delle volte compare all'improvviso
nell'indice errato di un ciclo for
si può nascondere nella chiarezza
di un segno di uguale tra due reali...
per fortuna non sono gli infiniti
ineffabili di stelle lontanissime
di anguste particelle immaginate:
per confutarli, si stacca la spina.



Oracolo

La macchina universale di Turing
se opportunamente caricata
con una descrizione minuziosa
della mia vita, per definizione
potrebbe raccontarmi in anticipo
cosa farò da grande, se farò
qualcosa; però se inerte raggiungo
il limite del nastro illimitato,
allora la macchina altro non può
che osservarmi con le sue transizioni,
lentamente, di stato in stato,
mentre anch'io l'osservo. Facendo niente.



Poeta

Tutto ciò che scrivo può generare
dall'applicazione ripetitiva
di regole che elaborano simboli,
entrambi presi da insiemi finiti.
Questo dice Chomsky, o buon lettore.
Così diventa mia consolazione
ricordare che la scimmia di Eddington
pestando a caso su una tastiera
potrebbe scrivere questa poesia.
Magari col tuo nome come autore.

9 commenti:

  1. Ottima scelta, Stefano...Vincenzo potrebbe essere definito un'umanista o anche uno che nella tecnica, come gli antichi greci, ritrova un'arte o una poesia...personalmente preferisco qui "gli infiniti", in cui la cultura scientifica di Vincenzo fa un piccolo passo indietro...
    un caro saluto a tutti e due.
    G.

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  2. Grazie Stefano (e grazie Giacomo). Sfrondato dagli eccessi polemici, mi piace il concetto di terza cultura.

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  3. Anche io mi unisco all'approvazione per la scelta. Conosco Vincenzo e seguo la sua ricerca con interesse e apprezzamento, anche se, come ho già avuto modo di dirgli personalmente, sento più vicini i risultati a cui approda quando "la cultura scientifica fa un passo indietro", come in alcuni inediti che ha letto ultimamente e sono a mio parere splendidi.
    Inoltre gli rinnovo anche in pubblico la stima e l'affetto, è una persona molto in gamba. Molto.
    CIao
    Francesco T.

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  4. caro Vincenzo, "terza cultura" è certo una via del contemporaneo, una delle possibili alternative all'integralismo dell'una o l'altra sponda.

    un saluto a Giacomo e a Francecso T.

    gugl

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  5. Dico una bestemmia se in parte sento la ricerca di Vincenzo simile alla mia?
    pepe

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  6. dici per il comune tentativo di far convivere sapere umanistico e sapere scientifico? lo stile però è assai differente.

    gugl

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  7. Sì Stefano proprio questo intendevo anche se lo stile è diverso come è giusto che sia ma una parte della poetica di Vincenza la sento molto vicina almeno nelle intenzioni poi sicuramente lui è più bravo.
    pepe

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  8. Ed eccomi a riflettere su questa originale poesia di Vincenzo Della Mea e del PoEcast.
    L'ironia che la pervade la trovo molto divertente, ho finito di leggere sorridendo.
    Adoro i bravi informatici per quella consapevolezza che hanno d'essere in gamba, per il controllo che acquisiscono nelle loro mani e noi, poveri mortali, enormemente più in basso ad arrancare tra i bit.
    Ricordo il primo incontro virtuale con Vincenzo della Mea, mi ricordo che mi bacchettò, per nonsochesciocchezza avessi detto. Da ciò, a suo tempo, ho desunto che fosse in gamba e lo sapesse bene, ma questo, come ben sappiamo, non salva dalla poesia, ed alla poesia non si approda per senso di benessere. E qui lo si legge bene, nonostante l'ironia. L'ironia in fondo non è altro che un modo altro di resistere. In luogo del patetico, del commovente, del rabbioso o di chissà quale altra manifestazione d'animus?
    Mi piace ritrovare i bit ed i byte nella poesia di Vincenzo, riscontrare, se mai ce ne fosse bisogno, come si riversa dentro la poesia ogni nostro sapere ed esperienza, il vissuto e l'emozione, l'approccio e la chiusura. Mi piace percepire, definito da questi, forse più impalpabile ma innegabile ogni disagio, difficoltà d'adattamento o ribellione verso le macchine, come un dubbio tra senso di sopraffazione o predominanza rispetto ad esse o all'uomo che ad esse si rimette o che se ne fa, così stupidamente, condizionare.

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  9. grazie Ali per il contributo. dici cose sagge.

    gugl

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