giovedì 22 novembre 2007

Nadia Anjuman


Quando Nadia Anjuman scrisse di sé queste parole: "Nacqui a Harat negli anni più agghiaccianti della rivoluzione; portai a termine i miei studi in anticipo, di due anni, nella scuola superiore "Mahbubeh haravi". Attualmente frequento il secondo anno della facoltà di Letterature e Scienze Umanistiche dell'Università di Harat. Da quando ho memoria di me so di aver amato la poesia. L'amore per la poesia e le catene di sei anni di schiavitù dell'era dei Talebani, che mi avevano legato le gambe, hanno fatto sì che appoggiandomi alla penna e zoppicando, componessi passi ed entrassi nel territorio della poesia. Il sostegno dei miei amici e di coloro che condividevano i miei stessi orizzonti mi hanno permesso di continuare su questo sentiero, ma... ahimè... tuttora, ogniqualvolta compongo un nuovo passo, sento il tremore della mia penna e con essa trema anche la mia anima. Forse perché non mi sento indenne, temo ancora di sdrucciolarmi lungo il percorso; è difficile la strada che ho davanti a me... ed i miei passi non sono ancora, abbastanza, fermi", probabilmente non immaginava che, a fermarla, non sarebbe stato un endecasillabo malfatto, bensì la mano violenta del marito che, circa un anno fa, la picchiò talmente forte da toglierle la vita, accusandola di aver disonorato la famiglia con i suoi versi. Nadia aveva 25 anni.


Chi volesse saperne di più e leggere sue poesie, consiglio l'approfondimento di Georgiamada, che ha raccolto moltissimo materiale. Ne approfitto anche per ringraziare Georgia per il grande lavoro che sta facendo nel suo blog.

5 commenti:

  1. grazie del consiglio, che ho seguito. imparando.
    ciao
    francesco tom

    RispondiElimina
  2. Una storia tragica. Una barbarie maschile inconcepibile, incomprensibile, ingiustificabile.

    Ho letto anche le prime poesie tradotte e dentro, pur nei limiti inevitabili che comportano le traduzioni, si sente fortissima la compressione spirituale, un desiderio di liberazione quale potrebbe ritrovarsi solo in un prigioniero messo in catene, uno spirito in gabbia, quando la poesia è grido evasione sopravvivenza.
    Profonda solidarietà alla poetessa, ringrazio anch'io giorgiamada del risalto, del lavoro di ricerca, dell'omaggio fatto a questa donna che si potrebbe definire "martire della poesia".

    RispondiElimina
  3. grazie Ali per il commento molto sentito.

    gugl

    RispondiElimina
  4. in rispettoso silenzio. antonella

    RispondiElimina