venerdì 14 settembre 2007

Saba e i contemporanei


Qualche mese fa, Luigi Nacci mi ha proposto un questionario sull'importanza di Umberto Saba nella poesia italiana contemporanea. Ecco le risposte.



1) Ritieni che Umberto Saba possa essere considerato uno dei poeti maggiori del Novecento italiano? Che tu risponda sì o no: per quali ragioni?

Il Novecento è un secolo dove la poesia italiana ha stilisticamente allentato i ponti con una tradizione plurisecolare, montando sulle spalle di Leopardi e di Pascoli. Credo che sia stato però Montale a creare il verso emblematicamente novecentesco. Saba, dal canto suo, diventa italiano dopo la prima guerra mondiale, quando cioè ha già scritto molte poesie di valore, composte confrontandosi con la cultura mitteleuropea e con una lingua (l'italiano scritto) che a Trieste faceva ancora i conti con l'Ottocento sentimentale, come egli stesso ricorda in Storia e cronistoria del Canzoniere. Di fatto, tuttavia, egli è poeta italiano novecentesco sia per l'accentuato autobiografismo e sia per l'ambizione a diventare un classico ossia di liberarsi dal peso dello sperimentalismo romantico. La sua influenza sugli autori delle successive generazioni (in particolare, come ci ricorda Mengaldo nella sua celebre antologia, Bertolucci, Penna, Caproni e Sereni), ne fanno inevitabilmente "uno dei poeti maggiori del Novecento italiano".


2) Che cosa hai letto di suo?

Non ho letto Ernesto perché, quando ne ebbi l'occasione, stavo cercando emozioni differenti ed ora, purtroppo, ho poco tempo rispetto a quanto mi rimane da leggere d'altri importanti autori.


3) Hai deciso di leggerlo per caso, curiosità, perché ti è stato imposto a scuola o all’Università, dietro consiglio di altri, o per qualche altro motivo?

Ho preparato un esame su Saba quando studiavo Filosofia a Padova, con Polato. Era l'85. Già allora leggevo con entusiasmo i Novissimi, per cui, dapprincipio, fui un po' titubante. Ma poi, Leopardi, Nietzsche, la psicoanalisi, la nevrosi del poeta, mi hanno convinto a leggerlo seriamente. Non me ne sono pentito.


4) Quali sono, secondo te, i punti forza e le debolezze della sua opera?

I punti di forza stanno, appunto, nell'aver coniugato il fanciullino pascoliano con il piccolo Berto, ossia innocenza e inquietudine, consegnando alla misura metrica e alla scansione ritmica il compito di preservare quell'armonia che la storia ha dilaniato. Un altro aspetto rilevante è la struttura del Canzoniere, continuamente rimessa in gioco, a formare un'autobiografia letteraria assai moderna e ancora più rigorosa di quella petrarchesca. E ancora: in Saba gli oggetti concreti definiscono lo spazio dell'umano, danno tono alla "calda vita", smettendo di essere, per un attimo, prodotti del capitalismo incipiente. I punti deboli stanno sia nelle diseguaglianze formali, in quelle licenze poetiche con troppa disinvoltura acquisite, e sia, talvolta, in un eccesso melodrammatico, che si sente anche nella dizione (tono che non mancava nemmeno a Montale, del resto).



5) Quale verso e/o lirica ritieni particolarmente significativo/a?

Amo particolarmente le sezioni Trieste e una donna e La serena disperazione: lì ci trovo un uomo che fa i conti con l'origine (seriamente eppure con leggerezza tipicamente sabiana), mettendola in scena nei conflitti antico-nuovo, infanzia-giovinezza, libertà-autorità, noia-impegno, piacere-dovere. Conflitti che si ritrovano, nel corso dei decenni e senza soluzione di continuità, nel suo rapporto con Lina, sorta di Giocasta cui donare versi infantili come A mia moglie, ma anche figura mediterranea dal "piccolo / bianco puntuto orecchio demoniaco" come scrive in Donna, una poesia dei primissimi anni Trenta, fino a diventare una "povera, / vecchia e stanca gallina" alla fine degli anni Quaranta.


6) Cosa pensi della sua produzione in prosa? Ritieni abbia una rilevanza perlomeno pari a quella in versi? Che tu risponda sì o no: per quali ragioni?

Direi che Scorciatoie e raccontini siano un gioiello della modernità già dalla «grafia». l'incipit testimonia infatti la lacerante officina dalla quale il libro è nato: le Scorciatoie, scrive, «sono piene di parentesi, di "fra lineette", di "fra virgolette", di parole sottolineate nel manoscritto e che devono essere stampate in corsivo, di parole in maiuscolo, di "tre puntini", di segni esclamativi e di domanda». E aggiunge: «Che il proto prima, e il lettore poi, mi perdonino. Non so più dire senza abbreviare; e non potevo abbreviare altrimenti». Molto interessanti anche i saggi, in particolare il famosissimo Quello che resta da fare ai poeti, specie dove afferma che l’originalità di un poeta si deve piegare all’approfondimento di se stesso, alla conoscenza delle proprie radici, e Poesia, filosofia e psicoanalisi, laddove egli ribadisce l’importanza, per un poeta, dell’esperienza diretta.


7) C’è, secondo te, un aspetto della sua opera che non è ancora stato messo ben in luce dalla critica?

Credo che possa rispondere solo il critico allorché interroghi "onestamente" il poeta. Il mestiere del critico, infatti, è assolutamente creativo (già lo diceva Benjamin) e dunque capace di scartare il prevedibile e il già detto per il temporaneamente impensato. A me piacerebbe che fosse indagato ulteriormente il suo rapporto con l'ebraismo, ricercandone gli agganci nell'opera.


8) La lettura delle sue opere ha inciso nella tua formazione letteraria? Se sì, in quali zone della tua poetica e della tua scrittura credi che ciò sia ravvisabile?

Mi pare che l'influenza sabiana sia quasi esclusivamente di tipo culturale: Freud e Nietzsche, gli autori insomma che rendono originale la prima metà del Novecento e che tutti, in qualche modo, tengono in considerazione. Niente di specifico, dunque, anche se la sua poesia mi emoziona sempre rileggendola.


9) Chi è oggi in Italia, secondo te, il poeta che ha raccolto il suo magistero, e perché?

Stilisticamente, ritrovo Saba in Claudio Damiani di Fraturno, in Beppe Salvia di Cuore, in Gabriella Sica di Poesie familiari, in Eugenio De Signoribus, in particolare ne La ronda dei conversi e in Enrico Testa di In controtempo. Se poi teniamo conto della lettura caproniana di Saba l'elenco si allarga, talvolta naufragando in una prosa senza scansione ritmica e tensione fonetica. Per quanto riguarda i temi (la donna - madre, moglie, balia, figlia – la città, il nido, la poesia come approfondimento di sé, la relazione erotica, ma non panica, con la natura), direi che, per un motivo o per l'altro, gli dobbiamo tutti qualcosa.


10) Saba è ancora attuale, nel 2007?

Vedi la risposta n. 7: spetta alla critica mettere in luce le "ucronie" in grado di vivificare la lingua e l'esperienza presenti. Personalmente, credo che l'insieme delle informazioni a cui abbiamo accesso siano tutte attuali, ossia capaci di mettere in atto l'energia potenziale dell'agire pratico e poietico, da Gilgamesh al web.

6 commenti:

  1. condivido quello che dici al punto 4 e anche il "da fare" della critica cui accenni al 7. Personalmente di Saba preferisco le ultime (Mediterranee, ad es.) ma forse semplicemente perchè le trovo più "moderne"...
    Se ti interessa trovi le risposte di Margiotta, Fantuzzi e Nota su "Ellisse".
    ciao

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  2. le avevo lette. grazie per la segnalazione.

    gugl

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  3. Sono sostanzialmente d'accordo su tutto ciò che dici su Saba, Stefano.

    Avrei solo un "invito" da farti: cerca, alla prima occasione, di trovare due o tre ore di tempo per leggere "Ernesto": è la sua opera "poetica" più bella in assoluto.

    fm

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  4. Ottimo consiglio, Francesco. "Ernesto" è un vero gioiello della nostra lingua. L'eleganza vince le situazioni più delicate. E ancora, Francesco ha ragione quando afferma che il breve romanzo è "poesia". Pura, aggiungerei.

    Un caro saluto ai due amici, Stefano e Francesco.

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  5. Urca, non mi sono firmato.
    Gianfranco

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  6. seguirò il vostro consiglio, amici!

    gugl

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