giovedì 17 maggio 2007

fango è il mondo


Massimo Sannelli è tra i maggiori giovani critici italiani (e un eccellente poeta). Un critico appassionato e libero da pasture accademiche. Per farvi capire che cosa intendo, riporto una sua lettura leopardiana preparata per l'Università di Macerata (vi invito a leggere l'intera riflessione in Microcritica)



"Quando Leopardi scrive in A se stesso «e fango è il mondo» compone un’identificazione metaforica, che apparentemente è chiara. In realtà, agisce un senso archeologico: il MONDO (mundus, sostantivo) si chiama così perché è ordinato e pulito (mundus, aggettivo): insomma, il nome del mondo è una tautologia: il mondo si chiama mondo perché è bello, ordinato, regolare, regolato, ecc. Il mondo si chiama mondo perché non è immondo. In greco accade lo stesso con kósmos, che è legato al verbo kosméo, adornare: cosmo, cosmèsi e cosmetica hanno la stessa radice. Perciò: dire che “fango è il mondo” è una stilettata oltraggiosa ad un’etimologia esaltante. Ed è qualcosa di ancora più oltraggioso, perché fango è una parola di origine germanica (in latino, il fango è lutum). Così le due lingue si scontrano, e il termine nordico aggredisce e contraddice il termine classico. Non solo: i due termini hanno entrambi 5 lettere, nella stessa sequenza di vocali e consonanti; ed entrambi hanno la lettera N al centro (la N di NIENTE, NOIA, NULLA, NATURA). E’ come se Leopardi volesse umiliare il termine comune sovrapponendo un termine infamante, che ha la stessa lunghezza. In pratica, Leopardi sta iniettando un virus ateologico: il mondo ha un nome che non gli si addice. Intendiamoci: A se stesso non diventa un’altra poesia, sapendo che Leopardi ha deriso l’etimologia di mondo; ma è anche vero che una parte di pensiero – e quindi di vitalità – verrebbe ignorata, in caso contrario. Ignorando questa parte di pensiero, saremmo anche – in generale – più ignoranti, e quindi più poveri. Saremmo più simili a Monaldo, insomma".

12 commenti:

  1. che Leopardi volesse deridere l'etimologia di mondo è ancora da dimostrare. e sinceramente non mi pare che Sannelli ci riesca. per me delira. entrambe le parole hanno "n" in centro... !?
    capzioso è dir poco...

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  2. mi pare che l'analisi sia ben più articolata.

    gugl

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  3. pare anche a me, è l'approccio che mi sbiadisce l'attenzione. difetto mio, ne son certo. ma mi pare che il saggio si addentri in strade cieche. diciamo che, molto più semplicemente, fatico a capirlo ;)
    mi perdonerai mio caro amico...

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  4. la poesia ha anche queste strade. se ci limitassimo al principio di identità (A uguale A) il linguaggio della poesia perderebbe la propria natura imprendibile.

    E' la prosa che, generalmente, deve rimanere ancorata a quel principio, proprio perché non tende alla creazione, bensì alla rappresentazione.

    buon sabato!

    gugl

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  5. Mi è piaciuta questa analisi chiara e semplice tanto da andare a leggere il resto. Bene hai fatto a pubblicarla. Sandra

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  6. ma forse è proprio il delirio che qui è cercato, che ho cercato... fuori da un solco... leopardi era consapevole che SALIVI è l'anagramma di SILVIA? non lo so. ma fango e mondo sono parole molto chiare, e si fanno la guerra, secondo me. il problema non è tanto questo, quanto un altro: in che modo si pensa in poesia? la poesia pensa? e come? ragionando? solo ragionando? o s-ragionando e s-terminando i termini (in parte)? vi abbraccio, vi ringrazio, davvero
    massimo s.

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  7. Forse l'ha pensato e forse no, io ne dubito. Ha ragione Sannelli in poesia si pensa o la poesia pensa? In qualche modo sì ma non solo. Per me la miglior poesia è quella che riesce a trascendere il pensiero logico e razionale ma forse ho detto una minchiata.
    Stefano io tifo per te e Francesco al Montano!
    pepe

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  8. non avevo mai pensato che mondo era proprio l'aggetivo mondo nel senza di pulito. penso alla poesia come ad un'entità a se stante che si serve di noi per scrivere, penso al poeta come ad un medium. il poeta poi interviene a sistemare qui e là. chi disse il primo verso è dato? non ricordo, ma ricordo che qualcuno lo disse. ecco. grazie. mi spiace ma per il tifo ormai mi sono espressa :-) buon fine settimana antonella antonella

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  9. io credo che Leopardi sapesse che Silvia e Salivi si anagrammano: per niente li ha posti in primcipio e alla fine della strofa. e forse ci aveva anche letto "salvi" (entrambi in quel salire che è la giovinezza quando sboccia). Del resto Leo era o no un genio !!!

    Sul "pensare" che, come dice freud, è un'estensione del corpo, credo che - appunto per ciò - ogni cosa pensi. Purtroppo la modernità ha identificato il pensiero calcolante con il pensiero tout court. Ma: come pensano i presocratici? E i tragici? con la poesia, è evidente. La poesia ha la magia di sposare immagine e concetto in uno scarto sorprendente, anticipatore, che ha luogo solamente nel suo darsi gratuito, nel suo ex-sistere.

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  10. mi pare una lettura interessante (forse solo un abbozzo), fatta da un poeta, dalla lettura che dà un poeta, superando quell'oltre che a volte la sola chiave filologica ci impedisce. certo bisogna fare attenzione con "l'etimologia (di convenienza)", però ci sono spunti di riflessione, e mi pare che sia questa l'intenzione di Massimo Sannelli.

    un abbraccio

    alessandro ghignoli

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  11. direi che è una lettura sannelliana, specie per l'insistenza numerologica.

    Se puoi, vai a leggerla tutta, perché qui ho postato una parte che ha un'appendice legata alla traduzione molto inetressante.

    ciao
    gugl

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  12. Eccellente critico ed eccellente poeta.

    Son d'accordo con Massimo quando dubita della consapevolezza silvia-salivi (più che altro è il fatto che Stefano Agosti si inoltra in analisi, poi, ben più difficili da sostenere partendo da quall'anagramma, di quanto Massimo non faccia con questa messa-in-evidenza).

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