giovedì 26 aprile 2007

Nascerà una nuova rivista?


Da un paio di giorni Christian Sinicco su AbsolutePoetry ha lanciato l'idea di una nuova rivista cartacea. Ha invitato alcuni amici bloggers a parteciparvi e già la discussione è accesa. Vi invito a leggere anzitutto, su Absolute, la sua proposta (con i relativi commenti) e, qui sotto, gli interventi rispettivamente di Martino Baldi e di Erminia Passannanti, con replica di Sinicco.


La discussione è aperta.


Martino Baldi (25/04): “Io credo che il progetto di una rivista non può nascere con questi presupposti da grande coalizione. Può essere aperto a molti visioni ma nasce dall'incontro di alcune (relativamente poche) menti affini che immaginano qualcosa di preciso. Non mi convince questa convergenza di tutti verso "una grande rivista" (ci manca che tu dica socialdemocratica e liberale e poi siamo arrivati!). Certamente non ho riserve sui nomi che vedo tra i destinatari, a cui va tutta la mia stima, in particolare a quelli con cui ho avuto il piacere di confermare negli incontri di persona la stima precedente e virtuale. Però c'e' di mezzo anche una questione di affinità e di progettualità che non si misura soltanto con la stima. [...]

Erminia Passannanti (25/04): “Mi pare un discorso sensato, quello di Martino, e dunque lo sottoscrivo: mette in evidenza la inevitabile posizione critica che una redazione di poeti e intellettuali schierati sul fronte di un’azione culturale programmatica precisa (come quella di una rivista) deve necessariamente assumere. Se uno se la fa con chi la pensa come lui/lei, il nucleo redazionale necessariamente si restringe, acquisendo coerenza e compattezza, aspetti che, portati all'eccesso della coerenza e della compattezza, possono risultare potenzialmente anche indesiderabili. [...] Sebbene possa accettare la diversità in campo poetico, estetico, e anzi l'apprezzi molto sul piano stilistico, non vorrei avere in una rivista a cui collaboro testi, pretesti e opinioni che scantonano vistosamente sul piano ideologico dalla linea etica e dalla tradizione politica a cui mi appello. Non vorrei avere persone che ad esempio – per rimanere molto sulle generali - non appoggino il discorso marxista, femminista e ambientalista, e pacifista. non vorrei avere individui ‘politically incorrect’ verso questioni che mi stanno a cuore, che riguardano i gender studies, le riforme del diritto di famiglia,e del codice penale, e via dicendo, e a proposito delle quali credo una redazione debba necessariamente muoversi in modo compatto e coerente. Né soprattutto vorrei interagire con poeti e poetiche che attribuiscano alla poesia e all'intellettuale un ruolo, secondo i miei parametri, sostanzialmente mistificato, che siano incapaci, insomma, di autocritica, e autoironia."


Martino Baldi (26/04): “Non la metterei sull'asse ottica inclusiva / esclusiva, [...] La questione è piuttosto che senso dare alle nostre parole e azioni. Mi sembra che Erminia abbia delineato con grande intelligenza i rischi delle diverse posizioni, per non meritare di riportare la discussione su questa elementare distinzione. [...] Perché non mi scrivi piuttosto una mail così chi la vuol fare una bella rivista laica, scettica, illuminista (e non neopositivista), basata su una interpretazione assolutamente desacralizzata della figura del poeta e dell'arte, interdisciplinare, di qualità ma non specialistica (si può pure dire, non mi vergogno: divulgativa), in cui i nostri ego siano messi in secondo piano rispetto a una generale proposta di leggibilità, che prenda le distanze sia dall'indifferentismo delle grandi coalizioni, sia dalla poetiche teo-con, sia dalle furfanterie editoriali, sia dall'antagonismo per decreto, sia da posizioni intellettualistiche? Chi la vuol fare una rivista che rimetta chiaramente e inderogabilmente al centro la questione dei valori laici, del primato del diritto del lettore piuttosto che il dominio delle poetiche e delle politiche, la pluralità del pubblico piuttosto che la pluralità delle posizioni di partenza?”
Christian Sinicco (26/04) "Per rispondere a Martino, e a quanti hanno giustamente mosso delle critiche: è chiaro che l'articolo è in parte polemico, ma allo stesso tempo un'operazione per vedere quanti rischierebbero, solo di mettere il nome. L'argomento del mettere in comune è essenziale, un sentire diffuso che vuole diffondere la cultura, e ha intenzione di farlo costruendo un dibattito, senza attribuire in partenza a internet il fatto di fondare già una comunità dove tutto è assieme, quando invece la maggior parte dei post esplicitano opzioni personali o di piccoli gruppi. Quindi l'invito richiama una presa di coscienza, sul fatto che tutto sommato non basta essere in rete per essere in comunicazione, e che bisogna fare dei passi, che fatto un passo ne faremo altri, forse più concreti di questa utopicapetizione (penso a ciò che abbiamo meditato al blogmeeting) - ma come sa anche Nacci, quando creammo una petizione per lo Stabile del Friuli Venezia Giulia (assolutamente senza alcuna velleità), costringemmo il Comune di Trieste nella persona del sindaco alla nomina di un presidente, carica vacante da mesi. Voglio semplicemente osservare la disponibilità, poiché per me un luogo di cultura deve potersi fondare attraverso un'ottica inclusiva, e non esclusiva. Quello che ho visto in Croazia, è inclusione, informazione, direzione, dibattito: comunicazione, e ben curata. Così non è qui, non lo è per le riviste cartacee, non lo è sui blog. Mi domando dove voi vediate un dibattito ad esempio, è come se tutto fossero in grandi monadi incapaci di fermarsi, un attimo, e di fare qualcosa l'uno nei confronti dell'altro."

16 commenti:

  1. C'è una specificazione, Stefano. La rivista croata Poezija, allega anche un cd con una particolare registrazione, scelta dalla redazione - ad esempio nell'ultimo numero c'è quella delle poesie cantate nelle bettole e scritte da anonimi poeti greci, ovviamente selezionate per l'occasione, e tradotte. Quindi non si tratta esclusivamente di una rivista cartacea, e il metodo a cui io vorrei si arrivasse alla rivista, non è altro che un dibattito nascente in rete (come in questo caso, rilanciando e magari dissentendo da alcuni miei modi di proporre), dibattito che, mi dispiace dirlo, è poco presente, o si attiva solamente quando qualcuno è attaccato da altri nella propria visione del mondo, e mai quando una persona cerca di aprire una prospettiva ad altri, senza mettere davanti le proprie prerogative, cosa che non volevo fare. Di conseguenza mi sembrava giusto dire a Baldi, di discutere la linea (anche se mi sarebbe piaciuto farlo in un secondo momento) sul blog, e di farlo subito - non è detto che il mio modo di procedere, o di proporre, sia quello giusto. L'importante è che qualche ragno lo intrappoliamo nella rete no?

    RispondiElimina
  2. forse, l'idea di una rivista, di un'altra nuova rivista, entusiasma poco perché ce ne sono tante in giro e, in generale, di qualità.

    Quello che a me piacerebbe, è piuttosto che gli articoli che scriviamo siano pagati. così accade in tante parti del mondo. qui invece, in italia, scriviamo gratis per il 99% delle riviste. La cosa può essere pesante se hai una famiglia.

    RispondiElimina
  3. Forse è la parola rivista che spaventa un po'. In Italia ce ne sono molte e, in media, anche di buona qualità ma quasi tutte soffrono per problemi di soldi, tirature limitate, distribuzione, iperlavoro per i coraggiosissimi direi eroici redattori soverchiati da montagne di libri, proposte, scritture più o meno emergenti, dibattiti, saggi, controsaggi, polemiche a non finire ecc. e tutto questo praticamente a gratis. Se poi ci mettiamo che a leggere le riviste sono sempre i soliti noti il quadro non è proprio esaltante.
    Un'idea potrebbe essere una superivista che raccolga il meglio delle tante buone riviste italiane cartaceee e virtuali compresi blog e quant'altro sparse sul territorio. Ogni redazione, precedentemente selezionata nei modi e nei tempi che si decideranno dopo ricco dibattito, invierà alla superivista una serie di articoli, proposte, saggi ecc. come una specie di sunto del lavoro fino a quel momento svolto.
    Penso a una grande superivista che non abbia problemi finanziari, ben distribuita, a colori, su carta patinata, insomma una rivista di grande qualità anche estetica. Potrebbe essere una via da approfondire.
    pepe

    RispondiElimina
  4. Stefano ha centrato il punto. Per il mio "nabanassar" in inglese, paghero' di tasca mia (per il momento...) 10 sterline / 15 euro / 20 dollari per ogni articolo accettato e pubblicato. Non si arricchisce il collaboratore ne' mi dissanguo io, ma le collaborazioni professionali vanno pagate, anche a titolo di "regalo di modico valore" per zittire il fisco. Questo corrispettivo e' fondamentale, nel 2007, in Europa Occidentale, tra persone adulte e acculturate. ---GiusCo---

    RispondiElimina
  5. In questi giorni, sto ospitando una poetessa traduttrice venezuelana e mi dice, appunto, che lei vive proprio facendo la traduttrice e scrivendo per le riviste del suo paese. possibile che qui in italia, sia solo tutto dovuto alla gloria?

    Caro Giuseppe, credo che il tuo soggiorno inglese abbia ulteriormente rinforzato quanto già pensavi prima. E Mi sa che hai ragione.

    Cato Gabriele, la tua idea è buona, ma rischiosa (riflette la solita domanda: chi controlla i controllori? e anche: chi guadagna sulla testa di chi?)

    RispondiElimina
  6. A Gabriele ho risposto su ap. ma condivido il concetto di mega-zine, e gli articoli vanno pagati, il minimo sindacale per i pubblicisti varia, ma mettiamo che accettino una paga operaia, 10 euro (fino a 3000 caratteri); 20 euro (da 3000 a 8000); 30 euro (da 8000 a + infinito). Chi non è pubblicista, la metà. La parte dei dibattiti (A) consta di 20 interventi a 30 euro (siccome la maggior parte delle persone non è giornalista, forse ci costa di meno, ma mettiamo il caso siano tutti giornalisti)... TOT A: 600 euro.

    La parte delle interviste (B) consta di 10 pezzi da 20 euro: TOT B: 200 euro.
    Recensioni/cura di articoli brevi con testi/stile Fabbri (C) consta di 40 pezzi a 10 euro: TOT (C): 400 euro.

    Pagamento cura (redazione di 10 persone a 125 lordi a numero: 1250 euro).
    Pagamento "giornalisti": 1200 euro netti (1500 lordi)
    grafica: 1500 lordi
    stampa: 20.000 copie (a colori, quadricromia), 100 pagine, formato A4: 10.000 euro.
    TOTALE 14.250 euro (a numero)

    Abbonamenti per 2 numeri (semestrale): 10 euro + spese di spedizione.

    1000 abbonati x 10= 10000 euro

    2000 abbonati x 10=20000 euro

    3000 abbonati x 10=30.000 euro.

    e così via: dobbiamo raggiungere 3000 abbonati per coprire le spese del semestrale.
    Prezzo di copertina: 10 euro (ovviamente conviene l'abbonamento).
    Ora: è chiaro che uno sponsor non sarebbe male, ma se una casa ed fa i suoi calcoli, e se c'è una presa di posizione unitaria da parte almeno di 500 persone afferenti alla rete, che poi spingono pure la pubblicazione, ce la facciamo. I tempi forse non sono maturi, ma è una cosa da discutere. 3000 abbonati, se i collaboratori fanno sottoscrivere un abbonamento a 10 persone della propria città, si raggiungono facilmente.

    RispondiElimina
  7. il fatto che "poesia" abbia un numero superiore di abbonati, è straordinario. a me risulta che la media delle riviste italiane di poesia vende dalle 150 alle 500 copie.

    comunque apprezzo questa tua "chiarezza" economica.

    un caro saluto

    gugl

    RispondiElimina
  8. evvabbene :)


    mitralika

    RispondiElimina
  9. detto quanto citato da Stefano, per me la selezione di un numero persone che abbiano delle affinità elettive con ciascuno dei potenziali ‘contributors’ è un elemento di necessaria distinzione.

    la redazione deve avere una coscienza non solo organizzativa, ma unificatrice sul piano intellettuale di certi discorsi e valori di fondo compatibili.

    Personalmente preferirei essere una rivista programmaticamente e ideologicamente compatta e coesa che si occupa di una pluralità di aspetti della poesia piuttosto che essere in una redazione di gente ideologicamente incompatibile che si interessa di tutto e tutti.

    La seconda ipotesi, riguardo alla questione della centralità del concetto di pluralismo democratico, temo rischi di finire con l’avere come intento e fine se stessa e non tanto il suo prefissato target.

    Insomma, preferirei trovarmi in redazione con Auden e Spencer, e coi marxisti dell’epoca, e proporre di occuparci approfonditamente delle poetiche di Pound o Eliot, piuttosto che stare nella stessa redazione con Pound e Eliot - per intenderci - e sfinirmi in guerra di poetiche e politiche – o dovere boicottare Pound perché propone per la nostra rivista collettiva di pubblicare le sue ignobili lettere pubbliche contro l’usura.

    La convivenza nel pluralismo non deve condizionare l’appiattimento delle prospettive e porre ciascuno dei partecipanti in una situazione di stallo ideologico perché ne abbiamo fin troppo dell’appiattimento delle ideologie che stanno creando anche in parlamento l’azzeramento del dibattito e l’omologazione delle diversità ad un unico modello funzionale.

    Si crea in questo modo la mentalità dei cortigiani che pongono la coscienza della crisi in una posizione subordinata rispetto alle feste della Corte.

    erminia (per Erodiade)

    RispondiElimina
  10. sottolineo questo passagio di Erminia: l'omologazione ideologica che azzera il dibattito in favore del raggiungimento del potere: tutti insieme per navigare verso il successo nostro e dell'idea che sosteniamo (a prescindere dal fatto che, in realtà, le idee poi siano differenti).

    Anch'io sono a favore di una rivista che abbia una linea univoca. Del resto, come detto già ci sono: vedi Anterem, Atelier, Testuale. anche "Poesia" ha un pensiero unico, anche se finge il contrario.

    RispondiElimina
  11. Dialogo e comunicazione – o comunicabilità dei problemi condivisibili, e solo quelli – sono diventati termini di un binomio imperante, al di sopra di ogni altra ipotesi, accostamento che risolve lo scoglio dell’alterità e della sua complessità strutturale con il medium della tolleranza, dell’apertura al diverso – una scorciatoia funzionale alla convivenza, che vede nello scontro delle ideologie il male di tutti i mali, essendo l’ideologia soggetta a irrigidimento.

    La poesia – nelle varie sfaccettatura che gli strumenti retorici consentono al poeta di assumere - comprende sia l’uno sia l’altro presupposto, essendo capace al contempo di interpretare il mondo dalle coordinate ideologiche delle varie parti in causa, o anche di andarvi oltre, trascenderle a favore di un punto di vista neutro, mediano, che sappia essere quanto più accogliente e dialogico. Questa seconda ipotesi, comprensiva e dialogica, non è però sempre capace di garantire il rispetto della complessità di ciascuna ideologia chiamata alla partecipazione e al dialogo. Spesso è una prospettiva che antepone il dialogo – ovvero l’obbligo alla partecipazione - alla reale e approfondita comprensione dell’alterità.

    La comunicazione, ovvero la comunicabilità dei problemi potenzialmente condivisibili, ha oggi assunto il ruolo che un tempo avevano le grandi ideologie unificatrici,diventando un imperativo totalizzante.

    Sebbene sia necessaria una manovra di decentralizzazione delle riflessioni fin ora dominanti, attinenti al senso e al valore di dati principi fondanti, a favore di un’accettazione reale ed efficace dell’esistenza di pensieri diversi, questo imperativo della ‘comunicazione’ non deve diventare spazio acritico privato di qualsiasi canone d’ orientamento.

    Siamo dinanzi a un paradosso. Infatti, la filosofia del dialogo e del confronto democratico a tutti i costi si è dovuta imporre a causa di un presupposto negativo: ovvero che l’essere umano è incapace di confrontarsi nella diversità democraticamente.

    RispondiElimina
  12. sei stata molto chiara. grazie.

    rinvio i lettori alla discussione in corso su Absolutepoetry.

    gugl

    RispondiElimina
  13. sono contenta che rilevi della chiarezza nei miei presupposti: trovo che oggi sia penosamente difficile comunicare valori.

    non è che l'idea di una rivista omnicomprensiva non mi arrida, ma ho cercato di esprimere delle riserve per potere ragionarci sù, pur aderendovi.

    RispondiElimina
  14. Se ci fossere delle linee (e delle riviste) che tra di loro poi veramente dibattessero, sarebbe bello Stefano. Ma non è così.
    Non c'è un reale dibattito, ognuno va per la sua strada e non vede le altre (o il buono o il cattivo che c'è nelle altre).

    Su una possibile redazione (non necessariamente di rivista): strutturare le nostre collaborazioni è sicuramente un tentativo. Non possiamo impedire la discussione, perché crediamo delle persone (che peraltro non conosciamo) portatrici di non so quale ideologia.
    Il rischio è pure quello, Erminia.
    Allora progettiamo, e chiamiamo altri a farlo con noi: è l'unico modo per non essere acritici, è l'unico modo per provare le nostre idee.

    RispondiElimina
  15. collaborare affinché la comunicazione migliori e la poesia diventi una pratica quotidiana mi pare una buona cosa. Per il momento resto in ascolto (com'è nella mia natura).

    ciao a tutti e due.

    RispondiElimina
  16. sinceramente io non ne capisco il motivo di una nuova rivista. ce ne sono già così tante in giro. si potrebbe piuttosto concentrare su quelle tutto il bello della poesia d'oggi. che forse vale di più. la dispersione del pensiero spesso e volentieri sembra concentrarsi sempre allo stesso punto, esprimendosi soltanto con parole diverse. quindi mi chiedo che senso abbia.
    comunque se nascerà, in bocca al lupo!

    saluti

    RispondiElimina