mercoledì 13 settembre 2006

confessioni e sfondo


“Voglio mostrare ai miei simili un uomo in tutta la verità della natura” scrive Rousseau in esordio delle Confessioni, sincero nel proposito, ma costretto inevitabilmente a piegare l’immediatezza del lamento al giogo della letteratura, il cui materiale retorico-stilistico diventa paratìa, struttura protettiva, confine sul quale specchiarsi. In verità, è la lingua stessa a farsi specchio, a rinviare al mittente il vissuto, dovutamente trasformato, ma non per questo meno interessante per il lettore. Tutto il resto sta fuori, volontariamente escluso dal racconto inaudito e niente affatto ‘per bene’ che la confessione ordinariamente promette. Vengono in mente le collere baudelairiane nel Mio cuore messo a nudo ed il Miller dei Tropici, quel suo scrivere mettendo “in mostra le budella”: esempi tutti di una trasfigurazione moderna della tragedia antica, allorché la coralità, decisamente intrecciata al destino del personaggio greco, ora diventa un grigio fondale anonimo, per cui l’io ostenta la sua ribellione solitaria come se fosse sospeso sul nulla o comunque in una condizione di estraneità rispetto a quello stesso fondale. A guardar bene, la stessa scrittura saggistica presenta questa sorta di cuore messo a nudo, a patto però che l’io dell’autore si metta in gioco attraverso il “grande stile”, che nietzscheanamente ordina il caos del mondo, ma anche riassetta le coordinate del soggetto scrivente, salvandolo dalla deriva ed aprendolo nel contempo ad una relazione ideale con il lettore, ad una reciproca complicità, intellettiva ed emotiva insieme, ad una passione comune per l’oggetto indagato, che ha tutti i connotati del recinto esclusivo e laicamente salvifico inaugurato dalla confessione rousseauiana.

10 commenti:

  1. il secondo libro letto da ragazzina. ammaliante. c'è tutto l'Uomo col suo groviglio di "sangue, carne, orgogliosa putredine" come diceva Agostino in altre memorabili confessioni. l'uomo e il suo fragile splendore.

    i.

    RispondiElimina
  2. hai fatto letture importanti da piccola. è proprio un libro come dici, con in più la finzione inaspettata della lingua.

    RispondiElimina
  3. E' un post interessante da leggere rileggere, far decantare, maturare un convincimento allineato o contestare, osservare da variabili distanze e posizioni per assentire profondamente o replicare.

    Lo terrò presente, Stefano, nel proseguo del mio andare che sembra sempre finire poco oltre. appena ancora. un momento solo. forse quasi spegnersi. a breve. subito dopo o dopo ancora.

    Peccato, mi viene spesso di pensare, che si abbia così poco tempo...e vita

    RispondiElimina
  4. è l'estraneità rispetto al fondale che ci fa avvertire il fiato corto della vita. Quando ci si sente immersi nella calda vita, anche l'istante non manca di nulla.

    ti aspetto

    RispondiElimina
  5. e i tuoi istanti non sono mancanti di nulla?

    ma il senso d'estraneità non è un senso abbastanza comune?

    come si chiama l'idea d'essere a tal punto etraniato dal proprio corpo da avere la sensazione che qualcuna altro viva quell'esperienza reale (dolorosa o comunque fortemente emozionale) mentre il proprio io osserva distaccato da un'altra ed esterna angolazione?

    desidero fare una precisazione il senso imminente di fine della quale ho parlato nel commento n. 3 si riferisce eslusivamente all'esperienza poetica.
    Una sorta di misembraquasidirinsavire manonsosequestoavverràequando
    forsetraunattimoforsedomani
    :)

    RispondiElimina
  6. cara ali, quando scrivo che il mondo "ora diventa un grigio fondale anonimo, per cui l’io ostenta la sua ribellione solitaria come se fosse sospeso sul nulla o comunque in una condizione di estraneità rispetto a quello stesso fondale." intendo appunto che questa è l'esperinza comune, è il sentire comune: mio, tu, di molti. E' il modo di stare nel mondo dell'individuo nella modernità. Non è dunque una critica che faccio alle tue scelte.

    per quanto tiguarda lo scrivere poesie. io ti consiglio di continuare (visti i progressi).

    RispondiElimina
  7. bene, sono lieta che apprezzi solo che io intendo dire, per parlare semplice semplice, che mi sembra come se la vena si esaurisse ogni volta, come fosse sempre a finire e poi invece vado avanti ancora trovo altre cose da dire che emergono a sorpresa, come l'ultima mia, quello che non so è per quanto ancora proseguirà questa storia

    RispondiElimina
  8. è sempre così. la vena finisce, trovi un'altra vena. una storia da tossici, la poesia:-)

    RispondiElimina
  9. e se invece fosse dialisi?

    RispondiElimina