mercoledì 23 agosto 2006

kesa funzō-e


In origine, per preparare l’abito che li ricopre, i monaci buddisti ‹‹raccoglievano per la strada pezzi di tessuto di scarto, stracci luridi o sudari, li lavavano, li tingevano e li cuciva­no insieme con piccoli punti allineati e fitti (distanti 2-3 millimetri uno dal­l'altro), secondo un disegno che ricor­da i campi di riso. È così che ancora oggi si prepara il ke­sa funzō-e (lett. "abito-escremento"), considerato tra tutti il più prezioso. Se lo zazen è ciò che abbraccia le infinite contraddizioni dell'esistenza trasfor­mandole nella pura mente dell'Illuminazione, il kesa funzō-e, ricavato da ciò che c'è di più sporco e rifiutato da tutti, trasforma stracci e pezze im­monde nell'oggetto di fede più sacro, simbolo stesso della purezza originale del Sé››
(Guida allo Zen, a cura della Associazione Italiana Zen Sōtō, De Vecchi Ed., MI 1991, p.129)

8 commenti:

  1. come il costume d'arlecchino. a.

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  2. O come una sublime metafora della poesia.

    fm

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  3. o una metafora del decostruzionismo nel suo processo invertito....(erminia)

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  4. una che?
    lo vedi perché non commento, io, gugl? Cosa potrei aggiungere a tale ineccepibile definizione?
    AG.

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  5. arlecchino, poesia, decostruzionismo invertito, splendida umiltà: kesa :-)

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  6. guardando l'ora della visita, vedo che siete piuttosto anime notturne, ma non ne avevo dubbi:-)

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  7. sembra quasi un rito catartico...

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  8. sì, direi di sì: purificare il sé dalle incrostazioni dell'io.

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